La
“Favola”
dell’Unità d’Italia
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Multimage
Edizioni - 2023 58 pagine in
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Nel
2010 mi chiesero di scrivere uno spettacolo sull’Unità d’Italia, in occasione
delle celebrazioni per il suo centocinquantesimo anniversario. Nell'iniziare le
ricerche scoprii che sugli scaffali delle librerie c'erano diversi libri che
trattavano un argomento di cui non sapevo assolutamente nulla: il
Risorgimento nascosto. Erano pubblicazioni di autorevoli saggisti che
offrivano una visione alquanto diversa sul come sia effettivamente avvenuta
tale “Unità”… una visione alquanto diversa da quella descritta sui libri di
scuola. Quindi, dopo averne letti alcuni (sia di quelli “allineati” col
pensiero unico e ufficiale sia di quelli “disallineati”), pensai di riscrivere
il Risorgimento in forma di favola satirico/musicale. Rappresentai quel
recital più volte, in diversi teatri della nostra penisola, suscitando ogni
volta curiose ed inaspettate reazioni. E la domanda che molti di quegli
spettatori mi rivolsero fu: Ma
la favola dell’Unità d’Italia… è
questa che ci hai appena raccontato tu o è
quella che ci hanno insegnato a scuola? *** C’era una
volta, tanto e tanto tempo fa (150 anni)… un bellissimo
regno a forma di stivale, quasi
interamente circondato dal mare, dove non c’era
inquinamento, non c’era il nucleare, non c’era
emigrazione, né disoccupazione… …anche
perché tutti gli sfaticati e tutti quelli che volevano campare sulle spalle
degli altri (ladri, imbroglioni, sfruttatori, magnaccia, assassini, violenti,
attaccabrighe, ecc. …tutta brava gente) venivano arruolati e andavano a
costituire i vari eserciti militari: praticamente la prima forma di
criminalità organizzata! Quel
paradiso terrestre era popolato da popoli differenti, che avevano culture
differenti e che parlavano lingue differenti. Aveva per nome Terra Italiota
(ma poiché italiota faceva rima con idiota… erano soliti chiamarlo col più
educato appellativo di Terra Italica) ed era governato da cinque famiglie
nobili: i Savoia, gli Asburgo, gli Este, i Lorena e i Borbone. Ognuna
di queste, per mantenere i buoni rapporti di vicinato, faceva sposare i
propri figli con i figli delle altre famiglie. Quindi, per tale motivo,
potremmo dire che il nostro Stivale era governato tutto dalla stessa
famiglia. L’unico sovrano che non poteva stabilire questo tipo di parentela
era quello dello Stato Pontificio. Non
perché gli altri lo snobbassero! Assolutamente no! Perché tutto si può dire
degli aristocratici meno che sono maleducati! È che non poteva far sposare i propri
figli perché - essendo un “Re… Papa” - almeno ufficialmente non avrebbe
dovuto averne! Però,
considerato che era comunque un maschietto, chissà quanti figli di N.N.
saranno andati a baciargli le mani senza sospettare che più che baciarla al
papa la stavano baciando al papà! Addirittura
le malelingue riferiscono che a quei tempi, a Roma, c’erano tante prostitute
per quanti fossero gli ecclesiastici! Comunque
sia, poiché a noi i pettegolezzi non interessano… andiamo avanti con la
nostra favola! In
questo Stivale tutti vivevano felici e contenti: i nobili, i religiosi e i
militari. Gli
unici che sembravano lasciar trasparire un leggero velo di insoddisfazione
erano… l’80 % della popolazione: il popolino. Perché?
Perché si faceva un mazzo tanto dalla mattina alla sera, non si divertiva mai
e mangiava solamente pane e cipolla. La domenica… fagioli! Il
protagonista della nostra favola è una via di mezzo fra un principe azzurro e
un brutto anatroccolo. Nel
senso che era sì un nobile, ma non era bellissimo! Anzi, siamo sinceri, dalle
immagini che ci sono giunte sembra proprio un ibrido nato dall’incrocio tra
un orso grizzly e una mangusta della savana! Oltre
al fatto che era alto poco più di un soldo di cacio. …La favola
continua! Enzo Carro - Tel.
339/1918246 info@enzocarro.it |