Osservazioni, riflessioni e immagini di una missione in Madagascar.
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Youcanprint Edizioni - 2024 87 pagine in
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Sono stato in un piccolo
villaggio al nord del Madagascar, a seguito di Giorgio Cioce, un amico che ha
deciso di contribuire alla costruzione di un pozzo d’acqua pubblica per una
comunità che – non avendone – per potersela procurare è costretta ogni giorno
a farsi diversi chilometri sotto al sole! Mentre lui seguiva lo scavo e
la costruzione della struttura, io mi sono dedicato a raccogliere tutte le
informazioni necessarie per scrivere questo libro divulgativo, affinché ci
siano sempre più persone come lui! INDICE L’acqua Giorgio Cioce San Giustino e i Vocazionisti Il viaggio La nostra “maison” La famiglia che ci ospita Il pozzo La festa di addio Il ritorno ad Antanarivo Il Vocazionario “Nazareth” Perché andare in Africa? Ringraziamenti Sull’autore *** Il
tutto ha avuto inizio all’ora di pranzo del 27 marzo 2024. Ero a casa mia, in
cucina, intento a prepararmi una ricchissima insalatona mista.
Improvvisamente sento il suonino di WhatsApp: qualcuno mi ha inviato un
messaggio. Faccio finta di nulla e continuo con la mia creazione culinaria.
Ma poi ne arriva improvvisamente un altro, un altro e un altro ancora. E così
la curiosità prende il sopravvento e... guardo! È un invito a partecipare a
una chat di gruppo dal nome alquanto bizzarro: I’ pe’ te. Di che si
tratta? Boh!? «Non sarà mica uno di quei mille gruppi che partono con qualche
sano proposito, ma che poi si ritrovano immancabilmente solo a ingolfarti la
memoria del telefono con i quotidiani cuoricini, fiorellini, farfalline,
uccellini, caffè e cornetti per augurarti buongiorno e buonasera! Spero di
no! Chi l’ha creata? …Giorgio Cioce!» Ovviamente
continuo a leggere e così scopro che questo “giovanotto” si è assunta la
responsabilità di sovvenzionare lo scavo di un pozzo in uno piccolo villaggio
del Madagascar, e il motivo di questa chat è quello di raccogliere fondi
affinché quest’opera (buona) possa essere realizzata. «Sarebbe bello che
partecipaste tutti!» sottolinea il messaggio iniziale «Non servono contributi
milionari, possono bastare anche pochi euro a testa! Dai! Facciamogli sapere
che i pianuresi hanno un cuore d’oro! Quei bambini hanno sete!» Poche parole,
semplici e dirette, che non possono non commuoverti. «Grande
iniziativa!» esclamo fra me e me «Bravo davvero!» e poi, stupito, «Accidenti,
sembra proprio che l’Africa mi stia chiamando!» Prima
di spiegarvi il motivo di questo mio ultimo pensiero, mi sembra necessario
spendere due parole per presentarvi il protagonista della nostra vicenda. Chi
è Giorgio Cioce? Una persona molto affabile, generosa e disponibile che
conosco da una cinquantina d’anni ma di cui, lo confesso pubblicamente, ho
sempre saputo ben poco. Il fatto è che lui non è un mio amico nel significato
stretto del termine, ma uno dei mille ragazzini del “Villaggio Italsider” di
Pianura, quartiere della periferia nord-ovest di Napoli, in cui ho avuto la
fortuna di trascorrere la mia adolescenza. Il
Villaggio Italsider è un complesso residenziale costruito a metà degli anni
sessanta per i dipendenti dello Stabilimento Siderurgico Italsider di
Bagnoli, ed essendo un parco senza pericoli e completamente immerso nel verde
– un progetto quasi impensabile per l’epoca – era per noi ragazzi di città
paragonabile a una sorta di meraviglioso paradiso terrestre, perché ci era
stata regalata la possibilità di godere della più bella e indimenticabile
gioventù che avremmo mai potuto sognare di poter vivere. È costituito da
tanti piccoli caseggiati di tre piani, ognuno dei quali circondato da
un’ampia aiuola personale, impreziosita da piante, fiori e siepi. Ma non è
finita qui, perché in origine c’erano anche degli spazi molto più grandi. Il
primo era un delizioso giardino che chiamavamo “Il Parco” (perché arricchito
di vialetti, gazebi e panchine) ed era utilizzato prevalentemente dalle
coppiette per le loro passeggiate romantiche. Il secondo era “La Giostra”,
detto così perché corredato di altalene, scivoli, trenini e fontanine dove,
ovviamente, ci giocavano i più piccoli. Infine c’era un vasto bosco di
querce, faggi, pioppi, meli, peri, noci, ciliegi, ecc. su cui i più scugnizzi
(tra cui il sottoscritto) si arrampicavano sentendosi come dei futuri Tarzan
o in cui con improvvisate fionde andavano a caccia di sfortunati passerotti,
verdoni e uccellini vari. Col tempo gli alberi dell’area centrale furono
abbattuti per costruire l’unica struttura che non era stata contemplata nel piano
edilizio, ma che non poteva assolutamente mancare in un’oasi che aveva così
tanto spazio a disposizione: il campetto di calcio! Beh, fra i tanti
angioletti (o diavoletti) di questo piccolo Eden c’eravamo anche io e
Giorgio. Enzo Carro - Tel.
339/1918246 info@enzocarro.it |